Il regolamento europeo sulla protezione dei dati (ovvero il fatidico GDPR) è entrato ufficialmente in vigore il 25 maggio 2018. Sebbene sia tecnicamente applicabile solo alle società che interagiscono con i cittadini dell'UE, questo regolamento rappresenta una pietra miliare nella legislazione sulla privacy dei dati su scala globale.
L'obiettivo principale del GDPR è stato quello di fornire agli individui un maggiore controllo sui loro dati personali. Per molti è stata una risposta ai casi di abuso di dati come quello di Cambridge Analytica, dove dati di Facebook sono stati utilizzati illecitamente per scopi pubblicitari e soprattutto politici.
Gran parte dei settori che si basano sulla raccolta e elaborazione dei dati sono stati influenzati dal GDPR, incluso il marketing digitale. La personalizzazione e il re-targeting, un tempo capisaldi di molti metodi di tale disciplina, sono diventati insostenibili sulla scia del GDPR.
Detto questo, molte aziende hanno iniziato a rivolgersi ancora una volta alla SEO, una base del marketing digitale senz’altro meno dipendente dalle procedure di raccolta dei dati.
Come si vede spesso entrando in siti di vario genere, il nuovo regolamento richiede alle aziende di mostrare chiaramente la loro politica sulla privacy. La maggior parte dei siti ha inserito un collegamento al documento nelle pagine web più rilevanti.
Chi si occupa di SEO ha incontrato molti ostacoli con il cross-linking, ovvero la pratica tramite la quale si linkano siti facenti parte dello stesso network. È diventato particolarmente difficile collegare pagine create per migliorare il ranking del sito, con molti link in entrata e una politica “di uscita” rigorosamente controllata.
Tuttavia, con i cambiamenti del GDPR, si ha la possibilità di aumentare il traffico sul sito web e allo stesso tempo di dare maggiore risalto ai contenuti di vecchia data. Inserendo link interni nelle pagine e post più rilevanti, renderete il vostro sito facilmente reperibile oltre a fornire risorse utili ai vostri visitatori.
Si è fatta largo l’ipotesi che Google classifichi i siti Web conformi al GDPR più in alto rispetto a chi non rispetta le norme, ma finora nulla è stato confermato ufficialmente. Detto questo, Google si è sempre impegnata a rendere il web un posto più sicuro, quindi i loro interessi sono in linea di principio allineati a quelli del GDPR.
Ad esempio, Google è stata in prima linea nella spinta verso l'adozione di HTTPS. Il traffico HTTPS è anonimo e chiaro e il nuovo protocollo è il più indicato quando si tratta di navigare in sicurezza.
L’HTTPS, oltre ad essere un fattore rank per Google, diventa essenziale per evitare la perdita di traffico organico, conversioni e lead. È solo una questione di tempo prima che i proprietari di siti web inizino ad adottare misure di protezione della privacy specificate dal GDPR.
I dati da considerare “personali” sono stati ampliati dopo il GDPR. La legislazione precedente si limitava a informazioni come nomi, numeri di telefono, foto e numeri di previdenza sociale. Con il GDPR, all’elenco sono stati aggiunti anche gli indirizzi IP, gli identificatori di dispositivi mobili, la geo-localizzazione, i dati biometrici, lo status sociale, nonché altri marchi di identità in senso ampio come l'affiliazione politica, la storia medica, ecc.
Tra i nuovi dati, gli identificatori mobili e la geo-localizzazione sono quelli che sono stati precedentemente sfruttati di più per scopi di SEO attraverso pratiche come il geo-targeting. Se vorranno utilizzare la geo-localizzazione per scopi SEO, i siti web dovranno ora chiedere il consenso esplicito degli utenti.
Poiché il traffico a pagamento e quello organico si mescolano in un certo senso, c’è sempre stato un problema di “keyword cannibalization”, ovvero quando più pagine di uno stesso sito competono nel posizionamento per la stessa parola chiave. Si incorre in questo problema soprattutto quando vengono utilizzati il brand-bidding e il re-targeting.
Tuttavia, ora che il re-targeting è stato quasi eliminato grazie al GDPR, i canali di traffico organici come la SEO non devono più preoccuparsi della cannibalizzazione delle parole chiave.
Dal punto di vista economico, la ridotta efficacia del traffico a pagamento dà la possibilità alle aziende di investire di più in SEO e in altre tecniche di acquisizione organica. Tattiche SEO che erano precedentemente inadatte a causa dei costi elevati potrebbero ora risultare utili grazie al GDPR.